Alla scoperta della fotografa ritrattista Rita Antonioli

Alla scoperta della fotografa ritrattista Rita Antonioli

Abbiamo intervistato per voi Rita Antonioli che ci racconta della sua esperienza da fotografa ritrattista.

Sei una ritrattista. Quali sono le caratteristiche principali di questo genere fotografico?

Come tutti i fotografi anche quello ritrattista deve possedere una buona tecnica e avere un'ottima conoscenza delle luci. Nel ritratto, così come nello still-life, la padronanza delle luci è fondamentale. Tuttavia la tecnica di per sé nasce come elemento innato e automatico a cui non ci si pensa mentre si ritrae una persona, dal momento che tutto lo sforzo deve essere mirato a stabilire un contatto, una relazione con la persona che si ha davanti. Il ritrattista deve essere soprattutto una persona curiosa, di forte empatia, attenta alle persone e al loro mondo. Fondamentale è saper cogliere il lato nascosto delle persone, forse quello più vero senza mai anteporre il proprio essere a quello della persona che si sta fotografando. In caso contrario la persona ritratta non si riconoscerà nella sua fotografia. Credo che per certi versi una seduta di ritratto possa essere in qualche modo paragonata a una seduta psicoanalitica dove il fotografo deve saper cogliere la parte più intima e vera delle persone.

Come descriveresti il mondo del teatro dalla prospettiva di un fotografo ritrattista?

Lavorare nel mondo del teatro è un'esperienza molto affascinante. Spesso si è a contatto con persone molto interessanti e stimolanti anche se non di rado è molto difficile e faticoso lavorare con gli artisti. Il lavoro in teatro è un'ottima palestra per un fotografo professionista perché deve imparare a fotografare in condizioni spesso non ottimali, che richiedono un'ottima tecnica e una grande dose di pazienza dal momento che i tempi in teatro sono spesso dilatati. Quando si lavora in teatro infatti è il fotografo che si deve adeguare alle persone con cui sta lavorando e non viceversa come accade spesso in altre situazioni. Lavorare nel mondo del teatro mi ha anche fatto capire la grande differenza che esiste tra professionisti seppur molto affermati e acclamati e i veri artisti. La parola artista è spesso abusata, il vero artista è coerente nella quotidianità con quello che esprime sul palcoscenico, questa coerenza non è scontata ed è quella che differenzia il vero artista dal professionista affermato.

Consideri il tuo come un lavoro più di tecnica o emotivo e di intuito?

Come fotografa non posso prescindere dalla tecnica, però questa deve essere al tempo stesso qualcosa di profondamente assimilata tanto che quando lavoro rappresenta qualcosa di automatico, che si sviluppa a livello di subconscio. Questo perché quando lavoro sono concentrata a cogliere tutto quello che succede intorno a me, dove l'intuito e le emozioni assumono una parte preponderante nel mio agire.

Ci racconti di un'esperienza professionale che ti ha particolarmente segnata?

Nel mio lavoro ho avuto la fortuna di vivere tante grandi emozioni e di incontrare persone da cui ho imparato molto. Una delle esperienze più emozionanti si è verificata quando mi è stata data la possibilità di fare il ritratto a Patti Smith. Ho sempre amato moltissimo la musica e fin dall'adolescenza sono stata una grandissima fan di Patti Smith. Quando mi sono trovata davanti a lei per fotografarla le emozioni hanno preso il sopravvento e riuscirle a dominare è stato faticoso e difficilissimo. Ma non potevo fallire e dovevo riuscire a realizzare una buona foto. Premetto che allora come adesso, per i miei progetti, scatto in pellicola, quindi a differenza del digitale non è possibile sbagliare! In quella occasione ho potuto fare solo 17 scatti perché Patti Smith non poteva dedicarmi altro tempo e confesso che fino a quando non ho potuto visionarli sono rimasta sulle spine nel timore di aver commesso qualche errore. Sono riuscita a selezionare tre immagini e le mandai all'artista. Patti Smith scelse una di queste per la copertina della sua antologia, ma la cosa di cui sono più orgogliosa è che vedendo il suo ritratto mi disse: "Questa sono io", affermazione che considero il più grande complimento che una ritrattista possa ricevere.

Ringraziamo Rita Antonioli  per l'intervista concessa a ProntoPro.

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