Non solo creatività: ecco cosa serve per essere un vero architetto

Oggi il Blog di Prontopro ha intervistato l'architetto Pietro Carlo Pellegrini che ci ha raccontato la sua esperienza e la sua passione per il mondo dell'architettura.

Come è nata la sua passione per l'architettura?

Giocando, perché l’architettura è comporre, scomporre, colorare e per tutto questo l’architettura è giocare, anche insieme agli altri, anzi è molto più bello giocare insieme e condividere le idee del gioco ! Un gioco di sovrapposizioni, accostamenti, innesti, materiali e dove i volumi pensati come su una bilancia a due piatti per misurare le loro masse e pesi.

Chi sono i suoi grandi maestri a cui si ispira?

Nel passato Leon Battista Alberti, Giuseppe Valadier e nel 1900 Ignazio Gardella, Luigi Moretti, Aldo Rossi in Italia, Josep Antoni Coderch, Fernand Pouillon, Peter Zumthor all’estero. Comunque ogni giorno scopro altri maestri, che mi aiutano moltissimo nel progettare, penso allo studio Monaco e Luccichenti e a Ugo Luccichenti per le residenze, a Umberto Riva , Guido Canali e Massimo Carmassi per gli interni e a José Antonio Martínez per la loro eleganza. 

Quanta creatività ci vuole nel suo lavoro?

La creatività la lascio ai creativi, fare l’architetto è una professione dove il progetto è al centro di una serie di relazioni che non comprendono solo l’idea, ma devono potere accogliere funzione, destinazione, costruzione, e tanto altro e l’obbiettivo è la ricerca del bello inteso come aggettivo del fare stare bene chi vivrà la costruzione dopo il progetto. Il bello per riconoscerlo, serve educazione, sensibilità, curiosità e l’architetto deve fare il possibile per comunicarlo.

Quali sono le qualità fondamentali per essere un buon architetto?

Non lo so, non credo ci siano regole, ci sono dei presupposti che è preferibile avere come la passione, lo studio non solo dell’architettura, perché l’architettura è la sintesi delle arti, e per questo una buona architettura deve poter durare nel tempo. Credo molto nell’istinto, nell’esperienza e nell’osservare quello che ci interessa, con un’attenzione rivolta al dettaglio, che per me è l’alfabeto dell’architettura. Quando ho studiato gli esecutivi degli infissi di Carlo Scarpa, le scale di Franco Albini, gli arredi di Carlo Mollino, ho imparato ad essere paziente, a non avere fretta nel progetto e ad avere rispetto per tutte le maestranze che costruiranno i dettagli che hai pensato in scala 1:1.

Cosa le piace maggiormente del suo lavoro?

Costruire. Mi ricordo i primi lavori, appena laureato, un nuovo Cimitero e il restauro di un Palazzo Comunale, dove il desiderio di andare in cantiere e potervedere il proprio progetto prendere forma nello spazio reale, vi assicuro è emozione e gioia pura.Ringraziamo Pietro Carlo Pellegrini per la sua preziosa testimonianza.

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