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Abbiamo intervistato Stelvio Secli, investigatore privato e amministratore dell'agenzia investigativa Syria Service, per scoprire di più sulla sua professione.
1. Come si diventa investigatore privato?
La cosa è molto più semplice oggi di quanto lo fosse prima. Una volta, erano necessari dei requisiti più vincolanti come aver militato nelle forze dell’ordine, una buona condotta morale e tutta una serie di fattori che ti consentivano poi di ottenere l’autorizzazione per svolgere l’attività. Dal decreto del 2010 basta una laurea in giurisprudenza per poter richiedere l’autorizzazione prefettizia.
2. Quali sono i casi più difficili da risolvere?
Secondo me sono i casi riguardanti i minori e, più in particolare, quelli nei quali i genitori richiedono il nostro intervento per verificare se il loro figlio fa uso o è dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti. Sono le indagini peggiori perché sono difficili da gestire e si ha a che fare con un ‘branco’, ossia un gruppo di ragazzi a noi sconosciuti e sparsi sulla zona. Immaginiamo una piazza, ad esempio, con vari gruppetti di ragazzi agli incroci a fare da palo. Nel momento in cui avviene lo smercio di sostanze stupefacenti questi si proteggono l’uno con l’altro e quindi per noi intervenire in quella circostanza diventa estremamente difficile.
3. Qual è la percezione più errata che le persone hanno sulla tua professione?
Che è un lavoro molto semplice e molto divertente. Questo purtroppo accade per colpa di quella ‘’maledetta scatola’’ (così la definisco io) che è la televisione. Nei film, in un’ora e mezza, da un vetro conficcato nella gomma di un’autovettura si riesce a risalire all’assassino. Ecco, nella realtà non è esattamente così. L’investigatore privato segue le persone nella vita di tutti i giorni e, in base a quello che fanno, cerca di trovare prove utili anche ai fini giudiziari. Noi non lavoriamo su supposizioni e, per questo, il nostro lavoro è molto lungo e minuzioso. La percezione errata è che tutto questo processo sia estremamente veloce e molto semplice. In realtà non è così: ci sono dei casi che portano via anche 14 ore di appostamento.
4. Quando si parla di investigatori privati si pensa sempre a lunghi appostamenti con binocolo e cappello, come nei film. Quanto di questo è vero nella realtà?
La realtà non è poi così distante; l’unica differenza sta appunto nel cappello e nel binocolo perché, in una città come Milano, ad esempio, non si può usare il binocolo: le tante macchine parcheggiate, i furgoni, i pedoni, renderebbero impossibile la visione. Inoltre non bisogna essere così distanti dall’obiettivo. L’appostamento è molto importante per verificare il comportamento e le azioni di un soggetto e quindi dobbiamo posizionarci sotto casa o sotto l’ufficio, ad attendere che l’indagato esca.
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5. Il tuo lavoro è probabilmente fatto di lunghi periodi di attesa. Come si fa a combattere la noia e mantenersi sempre pronti?
A questa domanda non so dare una risposta precisa. Sicuramente ti tiene sveglio la voglia di soddisfare il cliente, di chiudere quanto prima il caso. Per questo un investigatore non può distrarsi. Aiuta essere riposati, anche se nella realtà questo non è poi così semplice: ci sono dei casi in cui terminiamo l’appostamento alle 3 di mattina e alle 7 siamo di nuovo operativi. È la determinazione di voler chiudere il caso che porta l’adrenalina a mille e ti aiuta a stare sveglio e vigile.
6. Come si fa a seguire qualcuno senza farsi scoprire?
Un individuo può accorgersi di essere pedinato per vari motivi.Nei casi di natura aziendale ad esempio, c’è chi è già stato licenziato tramite le prove fornite da un investigatore privato e quindi sa di essere dalla parte del torto ed è molto attento. Oppure, c’è qualcuno che gli ha messo la pulce nell’orecchio e, avendo la coda di paglia, continua sempre a guardarsi attorno.Per eludere il soggetto allora, e grazie anche alle disponibilità del committente, c’è sempre più di una persona ad occuparsi del caso, sempre con mezzi diversi, automobili, motocicli e biciclette se necessario.
7. Può succedere che un investigatore venga "scoperto" durante un'indagine? Se sì, come si esce da certe situazioni?
È successo e sicuramente succederà ancora di essere scoperti, ma la soluzione è molto ovvia. Se io investigatore mi ‘’brucio’’, ossia vengo scoperto, dico che non è vero che lo sto seguendo e abbandono il campo, ma i miei collaboratori continuano a lavorare! L’individuo sarà così tranquillo, perché è convinto di aver risolto il suo problema, ma in realtà non è così.
8. Le prove acquisite tramite investigazione privata hanno valore legale?
Sì, sì, certamente. Hanno una valenza probatoria in un processo penale, civile ma anche amministrativo. Tuttavia, secondo me, queste prove devono essere supportate da un buon legale. Infatti, ci sono molti avvocati che non condividono l’attività dell’investigatore privato o quantomeno non la reputano così importante e quindi la mia relazione, seppur giuridicamente valida, perde di valore, se non è presa correttamente in considerazione dall’avvocato.
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9. Durante l’investigazione c’è un dialogo con il cliente o questo viene informato dei fatti solamente al termine dell’indagine?
Dipende dal tipo di cliente. Ci sono quelli che sono molto nervosi e che, se sanno dove si trova il soggetto indagato, lo raggiungono mettendo a rischio l’intero caso. Per questo motivo, preferisco informare il cliente solo a fine lavoro, però cerco di empatizzare con lui, per intervenire nel caso abbia bisogno di un supporto morale. Mi limito a raccontare quello che accade, senza entrare troppo nei dettagli, per evitare fatti spiacevoli. Per quanto riguarda le aziende la situazione è differente, poichè a loro interessa solamente l’esito dell’indagine.
10. Pensi che la diffusione dei social network abbia influito in qualche modo sul tuo lavoro?
I social network, così come le nuove tecnologie in generale, hanno sfavorito la mia attività perchè tutti si sentono autodidatti. Certo è che una persona deve capire che l’investigatore privato è una figura autorizzata dal prefetto a svolgere degli accertamenti e solamente in virtù dell’incarico richiesto. Per tanto, un individuo che si comporti come un investigatore privato, senza avere questa autorizzazione, sta violando la legge.Facciamo l’esempio della moglie che pensa che il marito la tradisca. Se si mette in macchina e segue il marito per vedere dove va, sta commettendo una violazione della privacy. Per questo è obbligata a rivolgersi all’investigatore privato. Se l’investigatore privato segue il marito e l’incarico viene dato semplicemente per i fini di tradimento, nel momento in cui vedo che il marito entra in ospedale per farsi degli esami, oppure entro a conoscenza di altri dati sensibili, io non sono tenuto a rivelarli perché altrimenti violerei la privacy del soggetto. Bisogna attenersi all’incarico. È un passaggio sottile, ma fondamentale!
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