Abbiamo intervistato per voi Enrico Andreotti fotografo ed esperto di fotografia.
Come è nata la tua passione per la fotografia?
Come tante cose nella vita é stato il frutto di un incontro, in questo caso con un mezzo, la macchina fotografica. Fin da piccolo ho sempre sentito dentro "il bisogno" di esprimermi, di dire qualcosa... Purtroppo non sono dotato per il disegno o per la pittura e non possiedo nemmeno un "orecchio musicale".Il fortunato incontro con la macchina fotografica ha colmato queste lacune e da lì è cominciato tutto....
C'è un genere fotografico di cui ti occupi in modo specifico? Se sì, come mai l'hai scelto?
Per lavoro mi occupo di principalmente di fotografia matrimoniale.Nel mio personale faccio da sempre reportage con un taglio sociale e amo particolarmente fotografare l'uomo nell'ambiente urbano, la fotografia di strada, con maggiore attenzione nei confronti dell'anziano, che probabilmente idealizzo come portatore di "risposte che io non possiedo e tanto cerco" e perché mi ritrovo molto spesso nella solitudine di certi sguardi.Negli ultimi anni ho cercato di unire queste due visioni cercando anche lavorativamente di raccontare i momenti senza forzature e con la minore intromissione possibile.
Durante la tua carriera hai svolto dei lavori che ti sono rimasti particolarmente a cuore? Ce ne racconti uno?
Qualche anno fa ho realizzato un reportage sociale, presso la comunità Alambicco, una struttura in provincia di Padova che accoglie persone con diversi tipi di disabilità. È stata una grande esperienza per me, in primo luogo perché è stato un lavoro che mi ha impegnato per quasi due anni e mi ha dato l'opportunità di crescere fotograficamente, ma soprattutto come persona, permettendomi di conoscere un mondo che spesso conosciamo in modo un po' stereotipato e a volte anche un po' viziato.il lavoro è visibile a questo indirizzo: http://www.foto-grafica.it/enrico/alambiccop.php
Qual è secondo te il giusto metodo per approcciarsi alla fotografia?
Non credo esista una formula per cominciare a fotografare. Sicuramente ritengo importante lo studio continuo e non mi riferisco solo a quello tecnico,. che come diceva Nadar oltre un secolo fa "è alla portata dell'ultimo degli imbecilli..."Mi riferisco alla storia della fotografia, agli autori, contemporanei e passati, al loro pensiero alle loro monografie.Personalmente credo che Fotografare non è solo un cercare "il bello" o rendere più bello. È soprattutto un linguaggio grazie al quale poter riflettere, cercare dentro e fuori se stessi. Permette di condividere esperienze, conoscenze, di immagazzinare ricordi, di manifestare punti di vista, visioni, sensazioni comuni che possono derivare da esperienze diverse ma che ugualmente ci accomunano. È una continua ricerca per unire visibile ed invisibile.Intervista realizzata da ProntoPro.it