Il mondo della boxe

Il mondo della boxe

Abbiamo intervistato Alessandro Govi, un istruttore di boxe della palestra Urbani Boxe di Modena. Scopriamo insieme, grazie alle sue parole, alcune curiosità riguardanti la nascita di questa disciplina sportiva in Italia, gli allenamenti richiesti e la pratica agonistica.

1. Com'è nata la boxe in Italia?

Verso la fine dell’Ottocento la boxe era uno sport molto diffuso nei paesi anglosassoni. Stati Uniti, Regno Unito, Australia ed Irlanda sfornavano campioni su campioni. Si combatteva secondo le regole del Marchese di Queensberry, seguendo un certo regolamento: coi guantoni, a riprese da 3 minuti e con convenzioni tali da armonizzare quella che era una pratica virile e feroce per trasformarla in uno sport vero e proprio, con insegnamenti tecnici, atleti e la presenza di fan sfegatati. La prima presenza della boxe praticata in Italia sembra essere datata agli ultimi anni dell'Ottocento, con l'apertura di una scuola di boxe a Milano, probabilmente grazie agli influssi positivi della scuola francese, dove questo sport aveva già raccolto un buon seguito. Negli anni successivi, agli inizi del Novecento, la federazione di atletica indisse i primi campionati agonistici. Nel 1916 nacque la Federazione Pugilistica Italiana, unico ente per l'organizzazione degli eventi sportivi di boxe. Curiosamente, la Federazione fu inizialmente fondata a Sanremo e la sede fu successivamente spostata a Milano e poi a Roma. A partire dagli anni '20 la boxe fu un successo continuo in Italia, sia per numero di praticanti, sia per la visibilità sportiva sui quotidiani e dal vivo, con notevoli protagonisti non soltanto nel panorama nazionale ma anche in Europa ed oltreoceano.

2. Quanto è diffusa come disciplina in Italia?

Attualmente il pugilato è diffuso in modo capillare. Ogni provincia conta diverse palestre di boxe, con insegnanti qualificati FPI. Il tessuto dilettantistico è discretamente curato: vengono indetti periodicamente campionati regionali e nazionali. L'attività internazionale è garantita quasi sempre da coloro i quali hanno “sposato” i gruppi sportivi statali, un po' come avviene con il judo, la scherma e altri sport che aspettano le Olimpiadi come momento culminante dell'attività.Al contrario, l'attività professionistica, che dovrebbe essere il motore trainante per avvicinare i giovani allo sport, è stata tenuta per decenni nel dimenticatoio, non sviluppando in modo adeguato il settore che produce più spettacolo e nomi da seguire in assoluto. Soltanto da pochi mesi è possibile disporre di un interessante calendario di eventi, con una programmazione televisiva efficace, ad oggi trasmessa in chiaro su Deejay TV, ogni sabato sera alle 23.

3. Per poter competere a livello agonistico, quante ore settimanali ci si allena?

Bisogna differenziare i dilettanti dai professionisti, sia per il numero di riprese per cui si allenano - 3 per i dilettanti, dalle 4 alle 12 i professionisti - sia per gli obiettivi in gioco e lo stile di vita adottato. Un dilettante per imparare bene dovrà fare 4-5 allenamenti a settimana: strutturato il suo sapere, potrebbe anche allenarsi 3 volte a settimana, facendo attività di mantenimento e sparring. Comunque, per ottenere buoni risultati sarebbero sempre auspicabili 4-5 allenamenti a settimana, in genere pomeridiani/serali e della durata di 2 ore ciascuno. Un vero professionista, invece, deve curare di più il suo training: saranno necessarie due sedute di allenamento al giorno, magari da un’ora e mezza ciascuna e per 5-6 giorni a settimana. L'uso dei pesi è consigliato sia per i dilettanti, sia per i professionisti, con una selezione mirata di esercizi finalizzati alla resistenza ed alla forza esplosiva.

4. Per poter competere a livello agonistico quali esercizi di allenamento è necessario praticare?

Quando un pugile è già evoluto ed allenato, si inizia subito dopo 15-20 minuti di stretching e ginnastica. Poi si alternano esercizi di vario tipo e possono esserci sedute più tecniche o sedute più affaticanti, a seconda degli obiettivi di periodo. Tra gli esercizi tecnici il vuoto con pesetti allo specchio, lo sparring condizionato e/o con handicap, gli esercizi a coppie per blocchi, parate, schivate e rientri. Altri esercizi molto praticati sono quelli della palla elastica francese, dei sacchi e della cordina tirata, da schivare in movimento lanciando colpi. In ogni caso, l’allenamento più utile in assoluto è l’allenamento col maestro, bardato con cinturone, che ti fa fare la “passata”, ossia tiene i colpitori e ti fa praticare le riprese colpendo a bersaglio con diverse tecniche, spostandosi, stuzzicandoti con colpi, simulando un combattimento, con la possibilità di colpire forte e veloce. Infine, c'è lo sparring o “guanto”, ossia il combattimento in palestra con il partner/avversario. Si tratta di un momento topico per la preparazione di un pugile, per motivi di abitudine al combattimento, per l’emotività e per la diversa adattabilità agli stili di combattimento tra atleti diversi. Questo momento va sempre seguito con estrema attenzione ed il maestro deve essere un ottimo moderatore, capace di fermare e correggere a tempo debito. Inoltre, per quanto riguarda la parte fisica ci sono innumerevoli esercizi di potenziamento e “circuiti” con attrezzi, a corpo libero, al sacco e con la corda.

5. Raccontaci una storia incredibile legata ad un personaggio del pugilato

Ci sono un’infinità di storie curiosissime legate alla boxe, proprio perché i pugili sono sempre stati nell'immaginario comune atleti famosi e stravaganti. Molte storie sono avvincenti, altre tragicomiche, altre potrebbero essere il soggetto di un buon film. Vorrei raccontare una storia di riscatto sociale: quella del pugile sempreverde Bernard Hopkins. Hopkins sviluppò la boxe molto tardi, dopo i vent'anni, quando era in prigione dopo una rapina. Nel seguito è diventato campione del mondo in diverse categorie ed in diversi tempi, affrontando avversari di grande calibro, fino ad esserlo a 49 – e ripeto, 49! - anni nei mediomassimi. Hopkins combatte ancora oggi all’età di 51 anni e conduce da decenni uno stile di vita rigoroso, improntato alla salute fisica e basato sul rispetto dell’avversario.

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