Sulle diete aleggiano molti miti e leggende, e soprattutto su Internet si incorre nelle pratiche più strane per dimagrire. Ma cosa è davvero efficace? Il nostro Professionista Dr. Luca Mattiocco, nutrizionista e biologo, risponde ad alcune domande sulle diete.
Tra le diete in circolazione, ne esiste una dieta migliore delle altre?
In linea generale, possiamo distinguere le diete dimagranti più comuni in diete a basso contenuto di carboidrati, iperproteiche e diete a basso indice glicemico. Non mancano diete monocibo (pasta, mozzarella, minestrone, limoni, ecc.) o altre dai nomi più fantasiosi, altre che si affidano ai gruppi sanguigni o all’accoppiamento di cibi particolari in ore particolari della giornata (cronodieta). Non mancano quelle che ripongono la loro fiducia nell’introduzione di notevoli quantità di pasta senza sale, purché entro le 8,00 di mattina. Le diete che garantiscono risultati sorprendenti sono tante, ma troppo spesso causano gravi squilibri e deficit nutrizionali che rovinano la salute. E non solo: una volta interrotte i chili tornano inesorabili e con gli interessi.[cerca-professionista url="https://www.prontopro.it/seach/location?tagUuid=f6ea7381-ef24-11e8-a21b-02286126d5c8"]È di moda, da parecchi anni, una dieta definita low carb, cioè a basso contenuto di carboidrati. Questi regimi hanno un effetto dimagrante immediato che però non è duraturo nel tempo ed è dannoso. Dobbiamo, infatti, tenere a mente che il corpo umano ha delle esigenze metaboliche ben precise in cui i singoli nutrienti devono essere presenti secondo un quantitativo ed un ordine predefinito e valutato scientificamente. Non esiste una dieta uguale per tutti, ma tutti possono far riferimento ad un modello corretto che si adatta alle esigenze dei singoli che è quello della dieta mediterranea, oggi patrimonio immateriale dell’UNESCO, in grado di preservare dall’insorgenza di malattie metaboliche, come quelle cardiovascolari, il diabete, l’obesità, i tumori e molte altre. Quali sono gli alimenti specifici? Sono tanti e variati, come i cereali (pasta, pane, riso), frutta e ortaggi di stagione, i legumi, l’olio extravergine di oliva, il pesce (soprattutto quello azzurro), piccole quantità di carne sia rossa che bianca, il latte ed i formaggi più freschi e meno grassi. Tutti alimenti che forniscono i singoli nutrienti, antiossidanti, proteine, carboidrati e grassi, oltre a minerali e vitamine che aiutano a mantenerci in salute e a lungo.
Quali sono i cibi che andrebbero assolutamente evitati?
Oggi si sente spesso parlare di cibi salutari e di cibi non salutari perché dannosi per la salute. È un concetto assolutamente antiscientifico perché, a parte le sostanze velenose presenti in natura, non esiste un cibo che da solo faccia bene o male: occorre valutare il contesto gastronomico e dietetico in cui viene inserito o come viene cucinato. In altri termini esistono abitudini alimentari sbagliate che vanno assolutamente evitate più che cibi dannosi. Una dieta poco variata, la sedentarietà, l’utilizzo frequente di cibi processati (fast food, cibi confezionati, fritti, carni lavorate, bevande zuccherate, ecc.) possono compromettere nel tempo il nostro stato di salute.
Molti sostengono che la carne rossa sia cancerogena, va evitata del tutto, sempre?
Negli anni scorsi l’Agenzia Internazionale per le Ricerche sul Cancro (AIRC) di Lione ha chiesto ad un gruppo di esperti di analizzare gli studi che legano la carne rossa ai tumori, per capire se il consumo può davvero causare il cancro. La risposta, giunta oramai due anni fa, è stata sì per insaccati, salumi, pancetta e simili e “probabilmente sì” per la carne rossa non lavorata. Nella risposta lo IARC evidenziava che l’effetto è contenuto: in altre parole, chi mangia carne rossa vede “probabilmente” sì il rischio di ammalarsi, ma di poco. La precisazione però non è bastata: molti, nel dare la notizia, hanno paragonato la bistecca alle sigarette che sono, invece, di gran lunga molto più pericolose. L’equilibrio ed il buonsenso propendono per un verdetto intermedio: la carne rossa, quando non si utilizzano nello stesso pasto altri piatti ricchi di grassi animali, può far parte di una corretta ed equilibrata varietà alimentare.
Quale tipo di cotture preferisce e perché?
Una sana alimentazione non è solo il risultato della scelta degli ingredienti naturali, ma è anche la conseguenza di corrette tecniche di cucina. Non basta, infatti, comprare cibi di buona qualità, se questi vengono poi trattati con sistemi di cottura distruttivi, ma bisogna unire le due cose per ottenere un risultato eccellente. La cottura degli alimenti, che nelle epoche più antiche serviva soprattutto a rendere l’alimento più digeribile, commestibile, appetibile, nei tempi moderni ricopre un'importanza fondamentale, oltre che per prolungare i tempi di conservazione, anche sotto l’aspetto igienico-sanitario. La cottura, infatti, se effettuata in modo accurato porta alla distruzione di agenti potenzialmente patogeni, ossia di quei microrganismi capaci di trasmettere malattie. Generalmente un alimento risulta sicuro (privo di microrganismi o parassiti) quando durante la cottura questo viene sottoposto, in modo uniforme e per un tempo sufficiente, ad una temperatura superiore ai 75 C°. Per garantire una adeguata cottura è necessario che il calore e quindi la temperatura uguale o superiore ai 75 C° penetri fino al cuore del prodotto che si sta cucinando e rimanga tale per almeno 10 minuti. Metodi quali la frittura, la bollitura, la cottura in umido, la cottura alla griglia (purché l’alimento non abbia uno spessore elevato) di solito garantiscono il raggiungimento della temperatura di sicurezza. Per la cottura in forno di arrosti di grossa pezzatura o di ricette che contengono uova, è necessario, invece, verificare che al cuore del prodotto sia stata raggiunta la temperatura di sicurezza. Questa ultima modalità di cottura ha però lo svantaggio di generare una carbonizzazione superficiale con formazione di composti tossici dovuti alla decomposizione di proteine, grassi e zuccheri, sicché la temperatura del forno andrebbe diminuita a meno di 150 C° dopo la formazione della crosta superficiale e l’alimento andrebbe bagnato per tutta la durata della cottura. Lo stesso dicasi per la cottura alla griglia, mentre quella alla piastra ha il pregio di evitare l’aggiunta di grassi da condimento. Il mio consiglio è quello di evitare le fritture, che aumentano il valore calorico degli alimenti e formano acroleina, sostanza tossica per il fegato, ed utilizzare più spesso la cottura al vapore (la cui temperatura è inferiore ai 100 C°) rispetto alla bollitura: si ha, infatti, la distruzione di tutti i batteri patogeni, una perdita bassissima di vitamine e minerali e le preparazioni risultano molto più leggere e digeribili. La cottura al microonde, infine, pur avendo il pregio di distruggere tutti i patogeni, di inattivare le tossine batteriche, di ridurre i tempi di cottura (a condizione che i pezzi di cibo non siano più grossi di 34 centimetri), di preservare le vitamine e le sostanze protettive degli alimenti, genera prodotti poco appetibili ed i cibi non possono essere arrostiti né rosolati. Gli alimenti rivestiti di pelle, buccia o guscio (uova, pomodori, salsicce, patate..) potrebbero, inoltre, scoppiare o esplodere durante la cottura o al momento di estrarli dal forno.
Possiamo sostenere che un bicchiere di vino al giorno faccia buon sangue?
La ricerca scientifica ha fornito un buon argomento salutistico a favore dei produttori di vino e, in particolare, di vino rosso: la presenza di sostanze “antiossidanti”, derivate in gran parte dalle bucce dell’uva e dalla stagionatura nelle botti di rovere. Occorrono, però, studi più esaurienti per condividere l’entusiasmo dei tanti estimatori del vino sul suo presumibile fattore protettivo, anche per evitare che l’opinione pubblica lo esalti al ruolo di “salva coronarie” inducendo comportamenti che facilmente possono trascendere nell’abuso e quindi nella pericolosità medico-sociale. Peraltro è doveroso ricordare che la fonte elettiva di antiossidanti restano i vegetali freschi di stagione (a cominciare dalla stessa uva) che in più hanno il pregio di fornire anche altri nutrienti che invece si perdono nel passaggio dall’uva al vino. Non consideriamo, allora, il vino come una sorta di medicina: limitiamoci a considerarlo come un complemento gradevole della tavola per un adulto non astemio, da trattare con la dovuta parsimonia. A questo proposito le Linee Guida per una Sana Alimentazione indicano che chi gode di buona salute può concedersi due bicchieri piccoli al dì se uomo ed uno se donna, purché ai pasti e mai a digiuno.