Matteo Bollati ha 23 anni ed è nato a Garbagnate Milanese ma abita a Cislago, in provincia di Varese. Un suo pregio e difetto è la troppa precisione ai dettagli. Un'arma a doppio taglio perché si rischia di perdere il focus e l'obiettivo del progetto, aggravando inconsciamente sulle tempistiche di produzione. È necessario dunque, commisurare la cura ai dettagli a seconda del progetto e dell'output di distribuzione, nonché del cliente con il quale ci si confronta. È sempre stato un tipo eclettico. Il settore degli eventi e della pubblicità sono stati il suo pane quotidiano fin da bambino. Prima come tecnico audio-luci poi come videomaker. Negli anni, la passione si è trasformata in studi liceali e universitari, conseguendo un Bachelor of Arts in Digital Film Production a SAE Institute Milano, e maturata come professione. È un videomaker specializzato nella produzione di contenuti social per la divisione marketing di brand, specie in ambito music festival ed educational. Ha lavorato anche per brand, lato moda, come Obag e Vitale Barberis Canonico durante la Milan Fashion Week e Pitti Uomo 95. L'interesse per la comunicazione comune per sua madre sicuramente, è stato uno stimolo a mettersi in gioco fin da subito, sia in termini di approccio metodologico che prime esperienze lavorative. Tenere separati il rapporto professionale da quello familiare non è sempre facile, dunque, preferiscono non lavorare insieme. È un freelance, lavora da solo, ma è del parere che due menti siano meglio di una. Collabora spesso con colleghi e amici a seconda del cliente e del tipo di progetto. Le produzioni migliori avvengono sempre in team se c'è sinergia.Gli ultimi tre anni sono stati un costante flusso di emozioni. L'estate della maturità come animatore in Grecia. L'inizio del suo percorso universitario con esperienze sul campo a festival, eventi, documentari e cortometraggi, e una laurea sullo storytelling degli aftermovie e sull'importanza della qualità dei contenuti social. Un percorso conclusosi a gennaio 2020 con una bellissima opportunità di lavoro come Content Producer nel team marketing dell’università. Secondo un test della personalità è un Campaigner, colui che sente il bisogno di far sentire la sua voce. Ed è vero. Si reputa un creativo, gli piace creare contenuti raccontando storie attraverso la sua passione. Uno spirito libero. Non è fatto per stare seduto in ufficio, ha bisogno di viaggiare ed esplorare, far volare la mente lavorando continuamente a progetti diversi. Come direbbe Confucio: “Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare nemmeno un giorno della tua vita”.Fin da piccolo ha seguito la sua passione andando controcorrente. Quella del videomaking è nata parallelamente al suo interesse per la musica, l'informatica e l'elettronica dall'età di 13 anni. Si dilettava in riprese e montaggi e i primi video erano elaborati di viaggi scolastici, eventi, ricordi. Finite le medie ha frequentato il Liceo Artistico indirizzo Audiovisivo e Multimediale. Non era abile nel disegno ma la passione per il videomaking lo ha spinto a perseverare. Aveva fame di dimostrare e questo, sicuramente, gli ha permesso di mettersi in gioco e concludere il percorso liceale con una tesi incentrata sulla creazione di una possibile casa di produzione video.Il percorso universitario gli ha permesso di scoprire sé stesso e capire quali sono le figure e il settore con le quali volesse specializzarsi. Due anni intensi riconosciuti con una opportunità di lavoro. La passione e gli stimoli esterni sono stati i feedback che lo hanno portato a scegliere questa professione.Crede non ci sia nulla di più gratificante di vedere un cliente soddisfatto. Ricevere un feedback positivo. Riuscire a soddisfare appieno le esigenze più delle aspettative.Il rischio più alto per un videomaker è quello di avere un cliente insoddisfatto. Questo non significa che il cliente ha sempre ragione. Un bravo videomaker deve conoscere le finalità di un progetto, i canali di distribuzione e la tipologia di vendita. Ogni video è fatto per vendere. Chi un prodotto, un servizio o un’esperienza. Stringere un legame con i propri utenti nonché futuri clienti. Un videomaker professionista deve saper consigliare la strategia più adatta al cliente quando essa ritiene che non funziona. Certo, l’abilità in questo sta nell’esperienza, nel saper riconoscere il problema e come approcciarsi a lui. L'indecisione non piace a nessuno. Se il cliente vede che non sei convinto percepisce in partenza che quel progetto non è di tuo interesse e accetti passivamente le sue richieste, con il rischio di realizzare poi un prodotto non funzionale in termini di engagement. Serve trovare una soluzione. Se fai tuo il progetto la volta prossima il cliente tornerà da te, perché si fida del tuo giudizio e ha riscontrato un comune interesse per i risultati dell’azienda. Questo si tradurrà in pubblicità per il videomaker perché una buona immagine del cliente porterà più clienti alla tua azienda. Passaparola, la strategia di marketing più efficace e meno costosa.
Quanto costa in media un servizio di montaggio video? Cosa influenza maggiormente il prezzo?
Un qualunque videomaker risponderebbe "dipende". Quest'ultimo stabilisce un prezzo in base alla propria conoscenza, esperienza, al tempo di impiego, ai materiali a disposizione sia come attrezzatura che assets. Ma anche in base alla complessità del progetto e al rapporto con cliente più o meno grande. Più un cliente è importante e più si tende a chiedere un elevato prezzo, è il mercato.Qui entrano in gioco l'astuzia e la furbizia, devi essere bravo a venderti tu in primis come professionista e farti pubblicità. Se parliamo di brand conosciuti come Nike, Coca Cola o Netflix, per citarne alcuni, sta al videomaker sfruttare la collaborazione a lungo termine in termini di visibilità social e portfolio. Lavorare per multinazionali di questo calibro è un ottimo modo per farsi conoscere ad un pubblico più vasto, dunque, un ottimo trampolino di lancio; ma anche un'arma a doppio taglio perché c'è il rischio che la collaborazione non vada a buon fine e ti possa chiudere strade.Quando fai un lavoro per qualunque brand, un feedback negativo e come una recensione negativa su Google, rimane ed è di dominio pubblico.
Quali sono a sua parare i vantaggi di rivolgersi ad un videomaker specializzato in matrimoni?
Oggigiorno si cercano figure “tuttofare” in grado di lavorare su qualunque tipo di produzione. Si pensa e si cerca erroneamente, di ottenere il massimo con la minima spesa e questo purtroppo, va a discapito sia del cliente che del videomaker. Spendere poco pensando di ottenere il massimo risultato.Ciò, non significa che un prezzo elevato sia sempre sinonimo di un ottimo risultato. La cosa importante è che il cliente valuti bene quello che il videomaker ha da offrire. Il professionista di conseguenza deve conoscere le migliori strategie di marketing e vendita per incuriosirlo, mostrando anche ciò che si cela dietro una produzione di matrimoni e cosa ne implica produrlo.Si sa che la responsabilità è alta, non sono concessi errori. Dunque la più totale trasparenza con il cliente agevolerà la trattativa che porterà a rispetto e fiducia reciproca. Ciascun videomaker si caratterizza per l’esperienza e la professionalità maturata negli anni, serve dunque specializzarsi in un determinato settore e ramo. Un esempio, il ruolo del videomaker è spesso associato a quello del fotografo. Due ruoli e percorsi differenti ma separati da una linea sottile. Essere un fotografo non significa però automaticamente essere un videomaker o viceversa. Non ci si può improvvisare esperti in tutto. Testare, allenarsi e migliorarsi. Con ciò Matteo non dice che non si possa essere entrambe le figure, perché si parla sempre di trovare il giusto soggetto, luce e inquadratura ma cambia l’approccio. Il video è differente dalla fotografia sia nel linguaggio comunicativo che nella metodologia e processo di produzione.Nel 2020 la figura del videomaker è ibrida: art director, regista, direttore della fotografia, operatore, montatore, colorist, motion graphic designer, etc. I social hanno cambiato il modo di vedere e approcciarsi alle produzioni. Content is king? Chi pensa che sui social non serva investire sulla qualità nei contenuti, sbaglia. L’utente giovane, target comune dai 16 ai 30 anni, è attento a questo. È affamato di contenuti, di conoscenza, di nuove scoperte e le aziende, per attirare la loro attenzione devono avere i mezzi per sorprenderlo ogni giorno. Netflix, Durex, Ceres sono l'esempio perfetto di una comunicazione efficace. Serve cavalcare l’onda. Come non citare TikTok, una droga. TikTok è il canale di comunicazione perfetto, perché unisce velocità, quantità ma soprattutto ricerca di qualità nei suoi contenuti. È sorprendente come i giovani riescano a creare contenuti eccellenti con pochi mezzi a disposizione. Questo non significa che per creare un prodotto basti l’idea, certo senza quella il contenuto non funziona, ma serve poi metterla in pratica. La furbizia in un creator sta nell'arginare il problema e non farlo notare all’utente finale. Avere un parco attrezzatura professionale sicuramente ti aiuta nell’80% del tuo lavoro, toglie un limite all’idea, accelera il lavoro e ti permette, inevitabilmente, di ottenere un prodotto superiore. Ogni progetto però, come per il team, richiede materiale specifico da utilizzare. Nel caso di Matteo non possiede attrezzatura personale, preferisce noleggiare.