Val Bonetti ci racconta dello stile di cui è maestro: la chitarra acustica fingerstyle blues e jazz e del suo punto di vista sulla scena musicale milanese.
Vuoi raccontarci come e quando hai pensato di occuparti della tua attività?
Ho scelto di suonare la chitarra e di fare il musicista di professione che ero ancora bambino. Ho suonato tanta musica con diversi musicisti prima di avere un mio progetto come solista e pubblicare due dischi con brani per chitarra acustica di mia composizione. Accanto all'attività di musicista ho sempre insegnato e, in questo ultimo periodo, è l'attività preponderante. Dopo anni passati ad insegnare in varie scuole musicali, ho scelto di avviarne una mia, offrendo corsi specifici per chitarra acustica fingerstyle. Il termine fingerstyle si riferisce al fatto che viene suonata con le dita anzichè con il plettro. Questa tecnica ha iniziato a svilupparsi con la root music americana, il country blues ed il ragtime, quindi ormai un secolo fa. Successivamente grandi virtuosi della chitarra jazz ne hanno arricchito il repertorio, così come importanti cantautori e chitarristi folk negli anni sessanta e settanta. Anche la new age e alcuni compositori di musica contemporanea hanno fatto uso della chitarra acustica, nobilitando quello che rimane lo strumento popolare per definizione: la cosiddetta chitarra folk.Qui a Milano c'è un ampia offerta didattica ma non ho mai trovato dei corsi strutturati dedicati a queste tecniche e a questo repertorio.Ispirandomi al pollice di Big Bill Broonzy ho scelto di chiamare la mia scuola GoodThumb, l'uso del pollice è fondamentale per suonare bene il blues fingerpicking!Oltre alle lezioni individuali offro laboratori e incontri con chitarristi di rilievo come ad esempio Duck Baker, un personaggio storico della chitarra fingerstyle. In ultimo ma non meno importante e la collaborazione con Davide Mastrangelo, fondatore del Centro Studi Fingerstyle, la prima realtà didattica italiana dedicata alla chitarra acustica fingerstyle.
Cosa pensi della scena musicale di Milano?
Milano ha una bella scena, ci sono musicisti jazz estremamente validi, poi c'è la scena indie che non seguo. Sui cantautori forse non sono aggiornato ma mi pare siamo un po' carenti fra le nuove generazioni. A mio avviso, il problema in Italia è che viene valorizzato solo il mainstream, cioè la musica che viene passata dalle radio principali; il resto è ridotto ad una nicchia che viene sostenuta poco e male, praticamente inesistente. Chi crea musica originale che non rientri nei canoni del mercato principale o per meglio dire unico mercato, fatica a trovare canali entro i quali crescere se non piccoli eventi sporadici o qualche piccola etichetta con grande passione ma pochissimi mezzi. Milano ha pochi spazi realmente dedicati a chi cerca di portare avanti un proprio discorso musicale. Per lo più ci sono locali che prediligono le cosiddette cover band, o musicisti tipo piano bar.Anche i locali con una programmazione “jazz” fanno scelte molto canoniche, proponendo quello che definirei jazz da tappezzeria o sottofondo oppure ospitano le jam session, che danno sfogo alla creatività dei singoli musicisti e generano incontri, ma danno comunque poca voce a progetti originali più strutturati. Sarebbe bello se si rischiasse di più e che gli artisti fossero incentivati a creare e non a ripetere cose già viste. Sarebbe inoltre interessante incentivare iniziative eventi o locali che propongano musica originale. Conosco musicisti incredibilmente bravi che meriterebbero di occuparsi solo della loro musica, mentre sono costretti a suonare qualunque cosa o far lavori extra, riuscendo al massimo a ritagliarsi magre soddisfazioni su qualche piattaforma digitale.A mio avviso inoltre l'istruzione musicale gioca un ruolo importante per il futuro, e a Milano le famiglie che vogliono far studiare musica ai loro bambini sono obbligate ad iscriverli presso strutture private, che costano parecchio. A mio avviso invece la musica dovrebbe essere un diritto di tutti.