10 cose che non sapevi sul barman per eventi
Ogni giorno, grazie a ProntoPro, migliaia di clienti riescono a trovare il professionista che stanno cercando, risolvendo piccoli e grandi problemi quotidiani con il loro aiuto.
Abbiamo intervistato Lepore Claudio, founder della Barproject Academy, scuola di formazione per barman, per scoprire le curiosità che si nascondono dietro la vita di un barman e tutto ciò che c'è da sapere prima di iniziare a fare questo mestiere.
1. C'è una domanda a cui è bene dare risposta prima di scegliere di diventare un barman professionista: ma quando si dorme?
C'è da dire che nel mondo del bar si dorme, forse anche troppo. Il problema è che è tutto al contrario: ci si abitua alle tapparelle chiuse quando fuori c'è il sole. Questo è quello che ho fatto per anni, fino a quando non ho deciso di volermi godere anche io la bellezza del mattino...ahimè, dormendo qualche ora in meno!
2. Quante ore lavorative puoi arrivare a fare in un giorno se sei un barman?
Tra le 8 e le 9 ore (sempre se l'ultimo cliente rimasto dentro il locale riceve la chiamata di sua moglie che gli ordina di tornare a casa!)
3. Fare questo lavoro vuol dire interagire quotidianamente con i clienti. Che carattere dovrebbe avere il barman perfetto?
Inizialmente, può essere difficile interagire ogni giorno con personalità così differenti tra loro ma, con un po' di esperienza, diventa quasi naturale e ci si trasforma quasi in uno psicologo! Vorrei dare però alcune dritte: mai parlare di politica, di sport o di religione. Ogni conversazione va poi accompagnata da un sorriso, come una bella garnish su un buon cocktail!
4. Quanto si apprende di miscelazione studiando sui libri e quanto, invece, facendo pratica?
Il mondo del bar 2.0 non ammette neofiti e autodidatta. Il bere miscelato a livello professionale non ammette ignoranza o improvvisazioni: il cliente diventa sempre più esigente e attento al mercato. Per rispondere a queste esigenze, l'unica strada è studiare. Solo così si potrà mettere piede dietro il banco, per poter mettere in pratica, sperimentare e divertirsi. Senza uno studio, il rischio è diventare quello che io chiamo "spacciatore d'alcool" e vendere dell'alcool di basso costo e pessima qualità.
5. Qual è il drink che odi preparare? Quello che quando ti viene richiesto ti fa pensare: "oh, no!".
Esistono molti drinks che sono nati nelle discoteche (e molti, lì, sono anche morti). Sono quei cocktails con nomi particolarmente simpatici, come "invisibile", "angelo azzurro", "lamborghini" "tris" e via dicendo. Quando mi viene chiesto uno di questi drinks, inizio a sudare e cerco di mantere la calma! In questi casi, risulta importante lo studio e la teoria di cui parlavo prima perché è qui che si nota il vero professionista. Bisogna essere in grado di dare i giusti consigli al cliente, proponendogli alternative che possano essere di suo gusto più del drink che ha richiesto: cocktails internazionali che gli permettano di bere di qualità!
6. Avendo un'ampia conoscenza dei drinks, quando hai voglia di bere qualcosa, ti destreggi in elaborate preparazioni o opti per scelte semplici come birra, vino o un gin tonic?
Sicuramente, avendo a disposizione una vasta gamma di cocktails internazionali, ognuno di loro può ispirarmi per creare una variante che possa essere di mio gusto. Non posso però nascondere il mio immenso amore per i vini naturali (obbligatoriamente rossi), per le birre artigianali non pastorizzate e per i buoni distillati.
7. Dopo tutto il tempo che passi dentro un bar: quando non lavori e hai voglia di uscire, vai in un bar?
A volte, mi ritrovo in un bar dopo solo pochi minuti aver chiuso il mio. Ci si incontra spesso nei bar con amici o altre persone del settore. Ci godiamo la notte e ci rilassiamo (parlando spesso di "storie da bar").
8. I film ci hanno spesso mostrato la scena stereotipata del cliente seduto al bancone che sfoga i suoi problemi personali sul barman. Succede veramente?
Succede molto spesso di avere al bancone delle persone che in quel momento hanno bisogno di te. Persone abbandonate o che, magari, hanno scelto di rimanere sole, sorseggiando un buon drink o un distillato. Quello che i film non mostrano è che molto spesso capita anche al bartender di voler fare due chiacchiere con l'unico cliente rimasto al locale! In questi momenti, capita di condividere sorrisi, delusioni, passioni... il tutto accompagnato da un "cheers".
9. Un bravo barman deve anche avere una vena creativa. Ma fin dove ci si può spingere nel rivisitare un grande classico?
Penso che la creatività sia la prerogativa di un grande barman, insieme alla passione, alla determinazione e al sorriso. Un grande classico però, a mio parere, ha bisogno di minimalismo e semplicità. Molte volte si è alla ricerca di qualcosa di quasi impossibile, senza rendersi conto che la soluzione è proprio sotto i nostri occhi. La semplicità di un Martini cocktail con ostrica o di un Negroni con cipolla rossa caramellata. Semplicità e tradizione in un drink, evviva questa bellissima arte!
10. C’è un limite d’età che pensi non debba essere superato per iniziare a fare questo lavoro?
Teniamo conto che a 17 anni è più comune lavorare nei club e nei bar, mentre dai 20 ai 50 anni ci si può esprimere in cocktail bar, classic hotel, navi stellate, ristoranti, villaggi etc... Penso che comunque l'importante sia l'energia che si deve trasmettere dietro il banco e quella che serve per essere sempre in primo piano. Il banco è il palcoscenico e tu sei l'attore. Penso che sia positivo iniziare il prima possibile, io feci le mie prime esperienze che ero ancora un ragazzino, ma il numero, tutto sommato, non conta: ciò che conta è la dedizione.